Brughiera

Frammenti





<<Mettiamolo subito in chiaro: ancora due anni di lavoro e poi me ne andrò, in pensione.>>
<<Posso scriverlo?>>
<<Forse è meglio che i miei superiori non lo sappiano con troppo anticipo, in fondo sono commissario solo da otto mesi>>. Proprio così: vice questore aggiunto Leonardo Spina, promosso dopo 37 anni di trincea metropolitana. Ero in servizio da tre giorni quando fu ucciso il primo commissario con cui ho lavorato. Il tempo di presentarci e già era disteso sotto il portone di casa, crivellato di pallottole.
<<Sono passati tanti anni, ma lo sogno ancora. Mi sveglio di soprassalto e lo rivedo. Mi lasciai con la fidanzata due mesi dopo. E da allora non ho più pensato a fare una famiglia.>>



Il fiume, in estate, si era ritirato, in attesa delle piogge autunnali che stavano cominciando in quei giorni. Erano emersi grandi spiazzi di sassi bianchi tra i quali crescevano rari arbusti e fiori gialli. Quell'ampia isola di pietre, sopra la quale ci trovavamo, era costeggiata sulla destra dal fiume e sulla sinistra da canaletti e stagni che si erano formati dopo che l'acqua si era ritirata nell'alveo centrale. Ed era proprio in uno di quei canaletti che Ettore, il pescatore, aveva visto il corpo della ragazza.



Una di loro, molto vecchia, coi capelli coperti da un foulard nero, rimaneva seduta davanti alla sua roulotte. Era così vicina che ne impediva l'ingresso. Masticò qualche parola nella sua lingua senza muoversi mentre Vincenzo le intimava di alzarsi. Allora lui imprecò e la la sollevò con forza, mentre la sedia si rovesciava. La donna non fiatò, restò ferma nel punto dove il poliziotto l'aveva posata. Disse solo qualche parola incomprensibile. Non reagì agli agenti che entravano nella sua roulotte, buttando tutto all'aria. Il suo sguardo, una maschera di rughe, andava oltre. Mi penetrò e mi vergognai.



Entrò sventolando il giornale e si sedette davanti a me, mentre Marchino se ne rimase davanti alla porta, allargando le braccia.
Bella e arrabbiata, come lo era nei giorni migliori, con un maglione fucsia a collo alto e una gonna corta di jeans.
<<Signorina Barbara, non l'aspettavo, se è qui per continuare l'intervista non è proprio il momento.>>
<<Sono qui per questo.>>
Sbatté il giornale sulla scrivania, aperto sulla pagina che parlava dell'incendio.
<<Questo è il bel risultato delle vostre operazioni!>>
Scattai.
<<Ho smentito subito quelle voci idiote!>>
<<Ma non altrettanto ha fatto il Sostituto Procuratore!>>
<<Allora vada a prendersela con lui.>>
La frase mi era scappata prima di pensare alle conseguenze. A Barbara, però, era piaciuta la mia reazione. Abbassò il tono e mi sorrise ironica.
<<Che farete, ora, cercherete dei volontari per dar loro la caccia?>>
<<Siamo nella pianura padana, non in Arizona.>>
<<C'è sempre meno differenza.>>



Mi piaceva camminare a piedi lungo il canale e così, in una bella giornata di tardo autunno, costeggiavo il Naviglio diretto alla fabbrica di Augusto Spada. Il mattino prima l'avevo visto al funerale della ragazza. Immobile davanti alla bara inumata in un loculo della cappella di famiglia con all'entrata un grande bassorilievo in marmo. Un angelo con lo sguardo cattivo accoglieva familiari arrivati da lontano e tutti i dipendenti della fabbrica, chiusa quel giorno per lutto. In una fila ordinata presentavano uno ad uno le condoglianze al vecchio che ad ognuno porgeva la mano. Gli occhi nascosti dietro ad occhiali neri per nasconderne il rossore. Al suo fianco un uomo oltre i quaranta, alto e magro, anche lui tutto in nero compresi gli occhiali.



Margherita ora aveva uno sguardo luminoso, difficile da reggere senza abbassare gli occhi. Appoggiò il vassoio con le due tazze e la teiera. Versograve; il té e mi invitò a sedere.
<<Il mare ha preso sua madre, davanti ai suoi occhi. Da allora non fa che disegnare quella scena. Altri invece preferiscono disegnare la guerra o la fuga. Qui ora sono al sicuro, ma quale sarà il loro futuro? Con questa crisi la loro presenza dà fastidio e se parli di loro come minimo ti tacciano di buonista... Ma che cazzo vuol dire buonista? Me lo sa dire? Che non sei uno stronzo?>>



Il fumo nero saliva verso il cielo, macchiando l'azzurro di quel freddo mattino. I pompieri erano ancora lì, ma ormai le fiamme erano quasi domate. Del convitto era rimasto solo uno scheletro affumicato, intorno vi erano solo poche persone, qualche curioso e i sette lavoratori stranieri miracolosamente incolumi, a parte qualche bruciatura.



Ci lasciammo il naviglio alla nostra sinistra e ci inoltrammo in un'ampia zona verde. Costeggiammo un ampio allevamento di cavalli. Il tempo era umido e incerto e nonostante fosse domenica pomeriggio non si vedevano istruttori né clienti. Gli animali correvano liberi all'interno del recinto. Lillì si avvicinò fino alla rete e il suo muso la attraversò da sotto. Un cavallo si avvicinò e la fissò. La cagnolina non reagì, continuò ad annusare, poi, sentendo che noi ci stavamo allontanando, lasciò il recinto e trotterellò al mio fianco, ignorando il cavallo che restò un po' a guardarla e poi si allontanò a sua volta dalla rete, riprendendo a correre al fianco del suo compagno. Proseguimmo senza seguire un sentiero e ci inoltrammo in un grande campo. Il verde era coperto dalle foglie secche raccolte dal vento nel bosco, non distante, ma appena visibile per la foschia. Un grande uccello bianco si levò in volo, il becco, il lungo collo e le zampe, formavano una perfetta linea diagonale, le ali, leggermente ricurve, si muovevano lente e in un momento, sfidando la legge di gravità, sparì nella foschia.




Fotografie del Parco del Ticino e del Parco del Roccolo di Luigi Maffezzoli; Ophelia, dipinto di John Everett Millais (1852)




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