![]() Mary della valle e altre storie Briciole |
La passante ![]()
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La mia strega (Liberamente ispirato al racconto "La strega Galvana" di Mauro Corona)
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Oltre la linea degli alberi ![]()
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Un giorno d'autunno Un giorno d'autunno, mentre tornavo da un paese a nord, presi
freddo e mi ammalai.
Da allora erano passati sedici anni. Vivevamo in campagna, distanti dal paese, le visite erano rare. Guardavo passare le stagioni dalla finestra della mia stanza. Mi piaceva l'inverno con il ciliegio bianco di neve, i conigli che si avvicinavo alla casa cercando qualcosa da mangiare, il bosco di betulle che si intravedeva appena nella foschia. L'estate non l'amavo. Si respirava male e la stanza si impregnava di un caldo afoso e dell'odore del mio sudore che si mischiava a quello delle medicine. Inverno di guerra La scuola del paese era stata chiusa da alcuni mesi ma lui non
aveva seguito i suoi compagni in pianura. Su due grandi scaffali in
frassino che si era costruito da solo stavano ben in ordine i libri
scolastici e i romanzi di Jules Verne. Stavano anche due libroni
antichi di novelle. Erano scritti in cimbro, lui li conosceva quasi a
memoria, ma ogni sera se li riapriva perché gli ricordavano le storie che suo padre gli raccontava da piccolo per farlo addormentare. |
Mary della valle ![]() Più strana di come me l'avevano descritta. E anche più bella.
Mary, Mary della valle. La chiamavano così. Non ne conoscevo il
cognome, se ne aveva uno l'aveva smarrito da molti anni. Pochi
chili di ragazza, piccola, capelli lunghissimi neri. La carnagione
indiana. Una camicetta bianca con i primi due bottoni slacciati,
una gonna larga che lasciava scoperte appena le caviglie. Ci avevano provato in molti a corteggiarla. Viveva sola, una discreta
fortuna, si diceva, ed era questa la principale ragione dei corteggiamenti. Fortuna che doveva precedere quella sua vita solitaria e
che lei aveva reinvestito nella piccola locanda Valle Felice che si
trovava a 200 miglia dal primo abitato, dove in una giornata potevi al massimo incontrare uno, due camionisti di passaggio. Sabbia
ed erba secca, qualche uccello di passaggio e cactus sullo sfondo:
di felice quel posto non aveva niente. Con il sole che anche a
maggio già bruciava il poco verde e il vento del diavolo che ti
riempiva i polmoni di sabbia. E lei era lì, sola, sempre gentile a
portarti il tè, o più spesso, whisky di buona qualità. Sui quaranta,
ma portati bene, a parte le rughe sotto gli occhi, tracce ad indicare
un'altra vita, lontana, e ferite che il tempo e il sole avevano cicatrizzato. Mi accolse con la scopa in mano. Aprì a metà la porta. "Qualcosa da mangiare. Dopo sei ore di deserto mi va bene anche un serpente". "Quelli di qui sono tutti velenosi. Ma ti posso fare la migliore bistecca di tutta la valle". "Se ci metti anche una patata ti chiederò di sposarti". Non gradì la battuta. Mi fece segno di sedermi e andò in cucina. |
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